La storia del gelato

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Il gelato è uno degli alimenti che ammaliano piccoli ed adulti, l’acquisto d’impulso per eccellenza nelle miti giornate.
In questo articolo tento di dirimere verità, leggende, miti, favole sulle origini del gelato e per farlo con cognizione di causa, e metodo, ho intervistato pochi giorni fa Luciana Polliotti (giornalista, storiografa, ecc.) e, a febbraio 2015, il maestro gelatiere Luca Caviezel.
Il sorbetto dapprima e, poi il gelato, sono stati inizialmente alimenti per palati regali, aristocratici fino ad arrivare alla società contemporanea diventando accessibili a tutti. Ma torniamo indietro nel tempo a scoprirne le origini.

In passato si è sempre cercato di rifrescare i cibi, dapprima quelli salati fino ad arrivare a quelli dolci ma il ghiaccio e, soprattutto, la neve erano un lusso estremamente costoso. Fin dall’antica Mesopotamia sono state rinvenute le cosiddette le “bît shurîpim” (case del ghiaccio) all’interno del palazzo reale di Mari del secondo millennio a.C. dove veniva conservata la neve. Ai tempi dei romani si ritrovano invece i “pozzi di neve”, sotterranei preposti alla conservazione sempre delle nevi raccolta sui monti ed isolata con cumuli di paglia.

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Firenze: ghiacciaia del 1796 (Giuseppe Manetti)

Il sorbetto ha invece, sicuramente origini arabe poiché deriva da “shrb” (sciroppo zuccherato). La storia dei refrigeranti ha un primo impulso nel XVI secolo quando si scopre, forse introdotto in Occidente da Marco Polo, il metodo per ridurre la temperatura aggiungendo al ghiaccio il sale o il salnitro ma la storia degli impianti refrigeranti veri e propri inizia nel 1834, pochi anni dopo che Sadi Carnot formulò le sue teorie sul ciclo frigorifero ed infatti in quegli anni che Jacob Perkins, un americano trasferitosi a Londra, ottiene il primo brevetto per un sistema di refrigerazione a compressione di vapore (compressore a ciclo chiuso) senza però ricavarne successo commerciale. Nel 1842, un medico Americano, John Gorrie, progetta il primo sistema di refrigerazione dell’acqua per la produzione di ghiaccio ma è Karl Von Linde che realizza il primo prototipo di macchina a compressione nel 1875.
È nell’epoca rinascimentale che prendono corpo nuovi racconti tipo quello di Ruggeri, di professione pollivendolo, che elaborò un dolcetto gelato che pare gli consentì di entrare nelle cucine della corte dei Medici seguito poco dopo da Bernardo Buontalenti che introducendo latte ed uova da l’avvio a ciò che sarà secoli dopo il gelato odierno.
Antonio Latini nel suo “Lo scalco alla moderna” (1694) riporta la prima ricetta italiana di sorbetto “Sorbetta alla cioccolata scomiglia” (cioccolata schiumata) da cui deriverebbe la coviglia napoletana di cui era grande appassionata Matilde Serao (ctz. descritta nel suo libro “Paese di Cuccagna” del 1891)

Ma è nella letteratura nella seconda metà del 1600 che si trovano opere, delle vere e proprie odi, composte da Lorenzo Magalotti e Francesco Redi, due intellettuali dell’epoca. In pratica una ricetta cantata questa di Lorenzo Magalotti:
Lorenzo-Magalotti

Intanto anche l’attrezzatura del gelatiere si evolve ed arriva la sorbettiera: il composto di ghiaccio e sale viene posto in un contenitore di legno a forma di tino, nel quale viene inserito uno più piccolo, di forma cilindrica, prima di terracotta poi, di porcellana ed infine di metallo (stagno, rame stagnato, ecc.). In questo contenitore si versa la miscela zuccherata da gelare, il gelatiere gira il contenitore con una mano e con l’altra, adoperando una sorta di spatola, stacca/ristacca dalle pareti la miscela gelata rimescolandola da sopra a sotto fino ad arrivare alla consistenza ottimale.
Tracce storiche certe che determinano la svolta, sono del palermitano Francesco Procopio Cutò (secondo alcuni de’ Coltelli) che si trasferisce a Parigi nel 1675 portando con sé una rudimentale sorbettiera ereditata dal nonno così da proporre anche i sorbetti ad un nuovo “ceto” che si stava affacciando nella società: intellettuali, letterati, artisti, filosofi. Nel 1683 fonda il Cafè Le Procope, nel frattempo aveva francesizzato il suo nome in François Procope des Couteaux. Nel 1717 lascia a suo figlio Alessandro il caffè che diventerà presto il luogo d’incontro dell’elite intellettuale dell’epoca: gli illuministi. È qui, seduti ai tavoli del caffè Le Procope, che Diderot e D’Alambert danno vita alla “Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers” (1751) dove comparirà per la prima volta il sostantivo «glace».
In seguito Filippo Baldini, napoletano, pubblica “De’ sorbetti” (1775), una sorta di ricostruzione storica dell’uso delle bevande ghiacciate.
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In Italia il sostantivo gelato e la classificazione in base alle “consistenze” compaiono per la prima volta nel libro “Le arti del credenziere, confettiere e liquorista” (1822) di Vincenzio Agnoletti, credenziere di Maria Luigia d’Austria (seconda moglie di Napoleone Bonaparte).
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Il gelato approdato nel nuovo continente, pare ad opera di un genovese Giovanni Bosio, inizia a farsi strada e la sorbettiera manuale subisce una prima evoluzione meccanica da parte di Nancy Johnson, da Philadelphia, che brevetta una macchina a manovella orizzontale nel 1843.
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In seguito, anche Auguste Escoffier nella sua opera “Guide culinaire” (1903) distinguerà i sorbetti dai gelati.
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Molti si chiedono dove sia nato il cono che compare per la prima volta ad opera dell’inglese Agnes Marshall, definita “Queen of Ices”, che li menziona nel suo libro “Mrs. A.B. Marshall’s Book of Cookery” (1888). L’avvento del cono stampato di produzione industriale è in Europa del 1902 da parte di Antonio Valvona (UK patent n. 701776) e negli Stati Uniti del 1903 da Vittorio Marchionni (USA patent 746971, proveniente dal Cadore).
Nel 1911 viene pubblicato il “Trattato della gelateria” il primo manuale di gelato redatto da Enrico Giuseppe Grifoni (l’Artusi del gelato), definito “o napoletano” anche se nato a Panigale (BO) dove aveva imparato la sua arte, dal grande poeta Giosuè Carducci che così lo appellava recandosi al suo negozio.
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È in quegli anni che gli zoldani ed i cadorini invadono l’Europa agli inizi del ‘900 coi loro carrettini ogni 19 marzo, quasi all’equinozio di primavera, alla volta di Amsterdam, Budapest, Cracovia, Varsavia, Vienna, ecc.
In Italia, per l’automazione della sorbettiera, bisognerà aspettare il 3 febbraio 1931 quando ad Otello Cattabriga verrà rilasciato il primo brevetto industriale n. 282161; perfezionata poco dopo nel 1934 col motore elettrico a presa diretta, senza puleggia e cinghia.
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Nel 1954 è la Motta ad introdurre il gelato industriale (ice-cream) importandone l’uso dagli Stati Uniti; l’acquisto d’impulso del “Mottarello” democratizzerà il consumo di gelato in Italia. Il gelato diventa un prodotto di massa con l’industria che lancia campagne pubblicitarie per far scomparire il gelato artigianale ritenuto poco igienico.

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Pubblicità del mottarello

Alcuni gelatieri lombardi riuniti da Angelo Grasso ed il segretario della CCIAA di Milano Guerrino Bellati unirono le forze dando vita al comitato lombardo (1953) che dopo alcuni anni divenne il Comitato Nazionale Italiano per la Difesa e la Diffusione del Gelato Artigianale appoggiato anche da ACOMAG (Associazione Nazionale Costruttori Macchine ed Attrezzature per Gelato) e AIIPA (dall’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari).
E’ del 1971 invece, la presentazione da parte di Luca Caviezel della Teoria del bilanciamento degli ingredienti per la formulazione delle ricette per gelati in contrapposizione alle teorie sull’ice-cream dell’americano Wendell Sherwood Arbuckle.

Ma cosa differisce il gelato artigianale italiano dal gelato industriale (tecnicamente ice-cream) e dal gelato soft?
Il gelato è costituito da un insieme di materie prime (latte, zuccheri, panna, uova, acqua, gusti caratterizzanti come frutta secca, caffè, frutta fresca, ecc.) che con l’azione del moto rotatorio e la riduzione della temperatura si addensano così da avere una certa consistenza (texture) grazie anche all’apporto di aria (overrun) di circa 25-40%. I processi che avvengono nel corso della lavorazione sono di tipo fisico e chimico.
Nulla a che vedere col gelato industriale (ice-cream) dove, a prescindere dai molti più ingredienti utilizzati, l’aria può rappresentare più del 100% per cui un litro di gelato industriale potrebbe pesare anche poco meno di 500 g. Al palato è più caldo, cremoso, più dolce, la struttura dopo ore si scioglie (si “siede”) ma non gocciola mai.
Anche il gelato soft presenta molte differenze in quanto viene espulso direttamente dalla macchina sul cono o coppetta a temperatura meno fredda e con percentuale di aria superiore al 50%. Al palato è più soffice, più ricco di grassi, meno dolce e dopo alcuni minuti si “sgonfia”.
Infatti, le temperatura di servizio sono diverse:

  • -18°C per l’ice-cream
  • -10/-14°C per i sorbetti/gelati
  • -5/-6°C per il gelato soft
  • -5°C per le granite

Oggi si classificano anche:
– Gelati a base bianca (senza tuorli d’uovo), con latte, panna, zuccheri, gusti caratterizzanti come frutta secca, cioccolato, caffè, ecc.
– Gelati a base gialla con tuorli, latte, panna, zuccheri, gusti caratterizzanti come frutta secca, cioccolato, caffè, ecc.
– Sorbetti a base acqua con acqua naturale, zuccheri, gusti caratterizzanti come frutta fresca o frutta secca, caffè, cioccolato, ecc.
– Granite a base acqua con un più basso tenore di zuccheri
Tuttavia, molti anni fa questa distinzione era molto più blanda infatti utilizzando solo materie prime si usavano molto i tuorli d’uovo per emulsionare e raggiungere determinate consistenze. Oggi l’uovo è usato meno in quanto vengono aggiunti ulteriori additivi per raggiungere determinate caratteristiche: struttura, dolcezza, gusto. Si pensi inoltre, ai gusti per intolleranti al lattosio, per i vegani, ecc.

Alcuni gelatieri, pochi, una minoranza, realizzano effettivamente un tipo di produzione artigianale, che richiede però una formazione specialistica e una professionalità elevate. La passione, la curiosità sono le leve fondamentali combinate alla conoscenza ed alla consapevolezza.
La maggior parte del gelato prodotto che si trova nelle gelaterie italiane è, però, molto spesso realizzato con basi in polvere ad alta grammatura (buste facilitatrici), basi surgelate o basi UHT: tipiche della catena con produzione centralizzata e mantecazione (cambiamento di stato da stato liquido a consistente) in loco. Fino ad arrivare al gelato in vaschetta prodotto chissà dove, di altre catene italiane ma anche estere.

Il gelato rappresenta un vero e proprio alimento costituito da: acqua, glucidi, lipidi, protidi, sali minerali e vitamine.

L’avventore è spesso impreparato e gli è difficile scegliere un buon gelato confuso da messaggi non veritieri (senza questo o quello) o affascinati dal gelato “a montagna” o “pannoso” o “che non si scioglie” o “coperto di topping” o “colorato”, il cono stampato zuccherato, la fontana di cioccolato, ecc. tutti elementi che confondono l’apparato sensoriale dell’individuo spesso parco anche di memoria esperenziale.
Può tornare molto utile richiedere il cartello unico degli ingredienti che rientra negli strumenti previsti dalla normativa europea e nazionale (Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 109) sulla etichettatura e la pubblicità dei prodotti di gelateria, obbligatorio e da esporre al pubblico. Alle volte c’è da rimanere stupiti…

Questo articolo è stato realizzato per il Calendario del cibo iniziativa dell’Associazione Italiana Food Blogger.

Bibliografia:
“Gelati gelati” di Luciana Polliotti (Arnoldo Mondadori Editore, 1999)
“100 anni di storia del gelato artigianale italiano” di Luciana Polliotti (Editrade, 2001)
“Dizionario di scienza e tecnologia del gelato artigianale” di Luca Caviezel (Chiriotti Editori, 2006)
“Scienza e tecnologia del gelato artigianale” di Luca Caviezel (Chiriotti Editori, 2016)

2 commenti su “La storia del gelato”

  1. Bé….una “storia” davvero interessante. Tutti dovrebbero leggere, sapere e capire la differenza tra commerciale e artigianale….Complimenti! Questo é davvero un contributo prezioso e completo. Grazie!!

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