Il gelato industriale di GROM sbarca finalmente al supermercato, come giusto che sia, essendo oramai di proprietà di Unilver (la stessa di Algida che sta rimodulando l’impianto di Caivano in provincia di Napoli).
Dopo 14 anni è la fine ingloriosa, nell’ambito del gelato artigianale italiano, di un marchio salito ai vertici in Italia soprattutto per il loro marketing emozionale, superato oramai da altre catene più efficienti.
I soci fondatori, favoriti dall’aspetto di uno dei due che “spaccava il video” in un noto programma televisivo, hanno avuto il merito di alzare l’asticella della competizione nell’ambito della gelateria italiana che era oramai caduta in basso: reintroducendo i pozzetti, facendo porzioni “sistemate”, introducendo i conisti, ecc.
Dall’anno di fondazione 2003, GROM ha iniziato a macinare fama e ricavi, almeno agli inizi, per poi arrancare negli ultimi anni.
La crescita però, poco razionale, ed i capitali finanziari via via aggiunti non hanno frenato la crisi complice, forse, un sistema di produzione obsoleto ed una gestione poco accorta; oberata dai debiti alla fine del 2015 ha ceduto alla Unilver, pare con un enterprise value di circa 40 milioni di euro.
Ultimi anni di sangue però, dopo aver fatto entrare il gruppo Illy al 5% (valutati 50ml di euro) poi, i giapponesi, i turchi, gli arabi l’azienda viene ceduta al gruppo anglo-olandese, perché la crescita del 6% era troppo bassa mentre le perdite continuavano (più di 4 milioni negli ultimi due anni) ed i debiti si accumulavano: al 30 settembre 2014 ne presentava nei confronti del sistema bancario per 7,2 milioni e una posizione finanziaria netta negativa di 5,5 milioni, a fronte di un patrimonio netto di 4,6 milioni.
Già negli anni d’oro uno dei soci aveva accennato all’introduzione di un loro prodotto da supermercato ma avevano desistito mentre lo scorso anno erano comparsi negli store Carrefour di “alto di gamma” (in pratica, gli store Carrefour per fighetti).
Da un punto di vista del marketing è “banalizzare” un prodotto se prima affermi che sei “artigianale” (22 euro al kg) e, poi, posso ritrovarti al supermercato allo stesso prezzo (salvo offerte) anche se “premium”.
Va bene i saldi “one shot” ma le promozioni continuative possono banalizzare il prodotto, decretandone un lento declino senza tralasciare l’erosione dei margini.
Ma vediamo ora il mercato del gelato industriale, come è messo in Italia?
Male!
Tuttavia i volumi sono circa 145 milioni di tonnellate, per cui il consumo pro-capite è di circa 2,4 kg!
In base agli ultimi dati Nielsen (visto che l’IGI oramai non li pubblica più) i consumi di gelati industriali nel 2016 sono nuovamente frenati dopo un 2015 al rialzo: -3,9% i volumi e -4,3% a valore. Invece, il gelato “artigianale” continua a crescere: almeno viste le continue aperture di gelaterie.
Tra i prodotti venduti sono proprio le vaschette (-8,3%) in crisi mentre tira l’acquisto da impulso ma, soprattutto, i multipack (qui il costo viaggia tra i 30 ed i 40 euro al kg con ottimi margini).
Il mastellino di GROM andrà a competere proprio nel segmento delle vaschette ma, “premium”. Auguri!
Gli ultimi dati pubblicati da AIDEPI (dalle aziende produttrici di ice cream associate) sul consumo di gelato pro capite del 2016 indicano infatti 2,91 kg.