Oggi è la giornata dell’ice cream in Giappone istituita dalla Japan Ice Cream Association.
In 7 città giapponesi (Nagoya, Sapporo, Sendai, Fukuoka, Tokio, Osaka ed Hiroshima) si darà gelato gratis, la stampa ne ha parlato e la popolazione ne è stata entusiasta, altro che l’incubo europeo della “foresta nera”!
C’è anche la giornata nazionale del gelato artigianale italiano che è organizzata dall’Associazione Gelatieri Giapponesi il 27 agosto!
Il mercato del gelato artigianale italiano in Giappone è in notevole fermento, secondo forse ai soli Stati Uniti.
Negli ultimi mesi c’è stata una forte presenza di gelatieri del Giappone, nelle più importanti manifestazioni italiane del settore (festival, fiere, ecc.). Alcuni sono apparsi in forte evidenza, non si sa se per meriti effettivi o altro (ctz. “malelingue”), visto la forte differenza di gusti in fatto di gelato.
Sono molto corteggiati nelle “corti romane”.
Ti anticipo che il gusto più “consumato” in Giappone è il fiordilatte mentre, la popolazione locale non predilige i prodotti (anche il gelato) “dolci” ecco perchè l’uso massivo di trealosio nel gelato del Sol Levante.
Il top è questo però, una fucilata nel petto per comprarlo dopo un’ordinata lunga coda (molto più di quelle da Roberto Gelato in Olanda):
Il Giappone presenta delle specifiche molto interessanti per potenziali investitori nel mondo del gelato:
– presenza di poco meno 1.000 gelaterie;
– una popolazione di circa 127 milioni di abitanti (è il decimo stato più popoloso del mondo);
– terza economia mondiale per prodotto interno lordo e la quarta maggiore per potere d’acquisto;
– i cittadini giapponesi hanno la maggiore aspettativa di vita al mondo (circa 84 anni).
Maggiori informazioni demografiche del Giappone.
Haagen-Dazs detiene la leadership nel mercato dell’ice-cream, nel segmento premium che tira moltissimo in Giappone.
I consumi sono più o meno così suddivisi:
– 55% impulso
– 40% casa
– 5% altro
Il gelato artigianale è ben sotto l’1%!
Il consumo è prevalente in estate col 60% circa.
Il primo incontro dei giapponesi con il gelato pare sia avvenuto nel periodo Edo (1603-1867), successivo all’Italia; dapprima conosciuto esclusivamente nell’alta ristorazione e poi, diffusosi tra la popolazione benestante agli inizi dello scorso secolo (1920) con la prima produzione industriale.
Nel 1923 fu messo in vendita “Jijoen Ice Cream” presso la Fattoria Jijoen (adesso Snow Brand Milk Products) a Sapporo in Hokkaido, confezionato nel 1933 in vaschetta e disponibile nei tre gusti ancor oggi fondamentali: cioccolato, fragola e limone.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale si fanno largo anche i ghiaccioli e dopo qualche anno si affacciano sul mercato anche gli stecchi gelato (ice stick).
In Giappone, l’ice cream viene suddiviso in base al tenore di latte, nei seguenti tre tipi: ice cream, ice milk e lacto ice (i dessert sono a parte).
La più grande catena è dell’americana Baskin-Robbins che ha più di 1.000 negozi (shop), prevalentemente in centri commerciali.
Il consumatore giapponese presenta le seguenti caratteristiche:
– coscienza diffusa di appartenere alla classe media in fatto di standard di vita;
– tendenza a preferire attività di svago che diano sensazione di ricchezza psicologica e di sollievo dalla vita quotidiana (prodotti che si accostano a nuovi modi di vivere e che offrono un senso di distinzione e leggerezza);
– voglia di diversificarsi, ma in modo rigorosamente uniforme al gruppo in cui si identificano (tendono a formare pochi e ampi gruppi sociali caratterizzati da regole influenti sugli stili di vita, che inducono persino a recarsi nelle zone delle metropoli frequentate dagli appartenenti al proprio gruppo di riferimento);
– forte desiderio di un’ampia scelta di prodotti e tendenza a fare confronti attenti durante il processo di selezione (i dettaglianti cercano di tenere un’ampia gamma di prodotti, con tante linee non molto profonde ma che offrono numerose varianti minime, pur consapevoli del rischio delle rimanenze);
– predilezione per le novità (voglia sempre di prodotti nuovi ed è pronto a sperimentarli, sicuro dell’affidabilità necessariamente garantita dai produttori giapponesi);
– grande influenzabilità da parte dei mass media, specialmente della televisione (la pubblicità occulta è frequente mentre quella esplicita è insistente. Spesso le mode sono lanciate improvvisamente da un idolo, dello spettacolo o dello sport, che in televisione mostri di apprezzare un dato prodotto; anche la pubblicità su treni e metropolitane ha un’alta efficacia, poiché nelle metropoli l’automobile non è usata. Esistono tantissime riviste specializzate che sembrano cataloghi, sfogliate avidamente dai giapponesi anche sui treni).
– le mode hanno spesso una vita brevissima (talvolta nascono, dilagano e si estinguono in poche settimane) e sono di massa, quindi ciò che non le rispecchia è ignorato da quasi tutti;
– estrema importanza dell’alta qualità di prodotto (la qualità funzionale e qualità emozionale; i prodotti devono essere perfetti perché il consumatore giapponese è molto attento nella scelta e sicuramente eviterà i prodotti che abbiano la minima imperfezione. Ad esempio, una bottiglia con l’etichetta leggermente attaccata male,
danneggiata o perfino soltanto storta sarà scartata da tutti. I consumatori giapponesi sono disposti a pagare un prezzo più alto per avere un prodotto perfetto. In Giappone il commerciante è responsabile per l’integrità di prodotto);
– desiderio di pronta consegna (i consumatori esigono di ricevere prodotti e servizi immediatamente, quindi il sistema distributivo deve rispondere alle richieste in tempo reale; la prontezza e la tempestività di risposta sono molto importanti per sopravvivere nel mercato giapponese, dove regna una concorrenza agguerrita e spietata);
– necessità del servizio prevendita e postvendita (i consumatori si aspettano e necessitano di averlo insieme al prodotto: mai deludere le attese);
– importanza dell’immagine aziendale e di prodotto (l’identità del produttore o del rivenditore ha un forte effetto sul consumatore. Con una buona immagine si conquista la fedeltà del consumatore. Da sempre in Giappone la fedeltà e la lealtà sono valori molto importanti su cui sono basate le relazioni sociali).
Usi e tendenze
In Giappone, fino ad alcuni anni fa, non si consumavano prodotti alimentari e bevande per strada; tale consuetudine occidentale era ritenuta fonte di maleducazione. Le nuove generazioni tendono invece ad esibire comportamenti di consumo tipicamente statunitensi ed europei.
Ai giapponesi non piace bere o mangiare stando in piedi.
Consigli pratici
Si consiglia la massima correttezza e puntualità nei rapporti commerciali con le aziende giapponesi (tempi, regole e norme sono rispettate meticolosamente, quindi un’azienda straniera che crei difficoltà con ritardi e imprecisioni, avrà scarso successo).
In linea di principio i Giapponesi preferiscono comunicare in giapponese, ma in azienda c’è sempre qualcuno che conosce l’inglese, anche se spesso la pronuncia è inusuale e difficile da capire. La conoscenza della lingua giapponese è sicuramente un’arma in più, oltre che un buon biglietto da visita.
Per i giapponesi, lo scambio dei biglietti da visita è un rituale immancabile che precede ogni presentazione verbale, quindi è bene evitare di esserne sprovvisti. Sul bigliettino, oltre ai riferimenti aziendali, è bene indicare anche la posizione all’interno dell’azienda: gelatiere, conista, ecc. scherzo 😉
Una breve presentazione aziendale, gli anni di esperienza hanno un grosso valore.
Fonti:
– ricerche online
– ricerca Istituto nazionale per il Commercio Estero