Gli anni ’80 che bei tempi! Ero al liceo e mai avrei pensato di tornare ai vecchi fasti del passato, tra la reaganomics e le penne alla vodka!
Ah no, è ancora prima che manco ero nato: anni settanta.
Avrei voluto scrivere da un po’ di mesi un articolo sulla nuova comunicazione monocratica della gelateria in contro tendenza alla comunicazione moderna però, visto che i tribunali sono lenti, eccomi qui ma non preoccupatevi: Jo Pistacchio isn’t back, yet!
Gli anni ’70
Negli anni settanta la competizione si caratterizzava per il rallentamento del tasso di crescita economico, accentuato dalla crisi petrolifera del 1973. L’aumento del costo del petrolio innesca lo sviluppo di un processo inflazionistico, che portò alla diminuzione del potere di acquisto, in modo particolare delle classi medie, cioè dei protagonisti del cosiddetto boom economico, che aveva sostenuto la crescita italiana del decennio precedente. La diminuzione della domanda con un conseguente surplus di offerta, generò un aumento della pressione competitiva. Le aziende cominciano ad avere la necessità di attuare politiche commerciali più aggressive, agendo in modo più massiccio sulla leva pubblicitaria. L’enfasi è posta sugli obiettivi di breve periodo: la pubblicità in Italia segue gli insegnamenti di Rosser Reeves, sono gli anni della Unique Selling Proposition (USP).
Ogni campagna pubblicitaria deve proporre un solo beneficio per il consumatore, che la concorrenza non offre o non può offrire e che deve essere così forte da spingere all’acquisto
milioni di consumatori. La promessa deve scaturire dai fatti inerenti il prodotto da pubblicizzare.
La pubblicità
La pubblicità è una forma di comunicazione atta a presentare e promuovere in modo impersonale idee, beni o servizi da parte di un promotore ben identificato effettuata a titolo
oneroso. E’ innanzitutto una forma di comunicazione, e come tale si sviluppa attraverso un processo bidirezionale che si compone dei seguenti elementi:
– emittente: chi emette il messaggio nei confronti di altri soggetti;
– codifica: il processo che riguarda la trasformazione del pensiero in forma simbolica;
– messaggio: l’insieme dei simboli che il comunicatore trasmette;
– mezzo: i canali dicomunicazione attraverso i quali il messaggio passa dalla fonte al ricevente;
– decodifica: il processo mediante il quale chi riceve dà significato ai simboli trasmessi dalla fonte;
– ricevente (o destinatario): chi riceve il messaggio;
– risposta: l’insieme di reazioni che il ricevente ha dopo essere stato esposto al messaggio;
– retroazione (o feedback): la parte di risposta che chi riceve rimanda alla fonte;
– rumore: una distorsione non pianificata che si manifestata durante il processo di comunicazione, per cui al ricevente arriva un messaggio diverso da quello emesso dalla fonte.
Affinché tale processo si realizzi, è necessario che emittente e destinatario condividano gli stessi codici, cioè delle associazioni strutturate, delle convenzioni condivise da chi trasmette e chi riceve che permettono di decodificare i segni.
Se dico a mia figlia sono le nove e mezzo, lei comprende che è ora di mettere il pigiama per andare a letto in quanto esiste un codice condiviso che assegna un significato particolare alla indicazione oraria; per chiunque altro la stessa frase non avrebbe nessun significato se non quella relativa all’orario.
Oggi, coi nuovi media, i social principalmente, la gelateria può (dovrebbe) dialogare con messaggi targettizzati (per generazioni). In pratica non si ha una univoca comunicazione ma più messaggi ciascuno riferito ad un preciso target di consumatore.
Le generazioni a confronto
Generation Z (1995-2010) sono circa il 15% degli italiani e vengono definiti i “digital innates”, perché non conoscono la vita senza tecnologia;
Millenials (1980-1994) sono il 17%, i “digital natives” sono cresciuti insieme alla digitalizzazione e all’accelerazione tecnologica;
Generation X (1965-1979) sono il 24%, i “digital adopters” sono nati in un mondo analogico e hanno abbracciato sin dall’inizio la trasformazione tecnologica e digitale;
Baby Boomers (1946-1964) sono più del 24%, i “digital immigrants” sono nativi analogici e sono stati costretti ad abituarsi alle nuove tecnologie in età adulta.
Ieri in una nota gelateria di successo il titolare mi ha parlato che sta per allestire due “escape room” e vista la mia appartenenza alla generazione X manco sapevo cosa fossero 😉
Ecco, questo vuol dire segmentare e rivolgersi ad un preciso target, millenials e generation X!
La comunicazione si è modificata nel corso degli anni, seguendo le mode e i cambiamenti storici e sociali eppure c’è chi ritorna indietro nel passato. Al carosello!