Le gelaterie e le misure di contenimento del coronavirus

Mi sono tenuto fuori da questo eccezionale evento e dalle discussioni successivamente sorte per una forma di rispetto verso un problema che costituisce un vero e proprio “tsunami” per l’ordinaria vita di tutti noi, esseri umani, italiani.
Anche nella mia vita personale, infatti, questo episodio ha avuto un notevole impatto complicando una situazione già precaria che si trascina da mesi.
Tuttavia la realtà diventa ogni giorno sempre più complessa e, la maggioranza degli individui, diventa sempre più refrattaria alla complessità pertanto solo le persone capaci di gestire difficoltà riescono in tali situazioni “estreme” a venirne fuori con soluzioni intelligenti.

Ieri è stato pubblicato il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che recepisce e proroga alcune delle misure già adottate per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e ne introduce ulteriori, volte a disciplinare in modo unitario il quadro degli interventi e a garantire uniformità su tutto il territorio nazionale all’attuazione dei programmi di profilassi.

Per le gelaterie nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto e nelle province di Pesaro e Urbino e di Savona queste le misure da applicare (art. 2)

L’apertura delle attività commerciali diverse da quelle di ristorazione, bar e pub, condizionata all’adozione di misure organizzative tali da consentire un accesso ai predetti luoghi con modalità contingentate o comunque idonee a evitare assembramenti di persone, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza di almeno un metro tra i visitatori.
In pratica, si tratta di gestire le code dei clienti apponendo la distanza di almeno un metro tra una persona e l’altra e di evitare “ammucchiate” dinanzi alle vetrine o ai banchi.
Si consiglia, casomai, di adottare un sistema con display esterno e contingentare in piccoli gruppi (a seconda della capacità di servizio) l’accesso alla gelateria.

Questa misura di sicurezza è legata al termine «droplet» = «gocciolina». Questo termine indica il criterio per tenersi alla giusta distanza affinché le «goccioline di saliva» che vengono disperse nell’aria (starnutendo, tossendo ma anche soltanto parlando) non arrivino agli altri. Esattamente quel metro di distanza che viene richiesto per garantire gli standard di sicurezza e, quindi, per consentire di riaprire i luoghi attualmente chiusi per precauzione, dalle chiese ai bar, ecc.

Relativamente alla pericolosità di questo ceppo di influenza si ricorda che è legata principalmente all’elevata diffusione con coefficiente moltiplicativo pari a 2,5. Viene indicato convenzionalmente come R0 («erre con zero») e indica le persone che, in media, ogni individuo infetto contagia: se quella cifra è inferiore a 1, la diffusione si arresta da sola.
Ognuno di noi rientra poi, in un modello definito SIR suddiviso in gruppi, tipo:
– Sani (S), cioè le persone che potrebbero essere contagiate;
– Infetti (I), cioè coloro che sono già stati contagiati;
– Rimossi (R), cioè i guariti, quelli che sono stati contagiati, ne sono usciti e ormai non trasmettono più il virus.

Il problema non è tanto il tasso di mortalità quanta l’elevata possibilità di pazienti bisognosi di cure intensive che metterebbero a dura prova qualsiasi ospedale e, di conseguenza, il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) che, checchè ne dicano le persone comuni, rimane uno dei migliori nel mondo.

E’ proprio il nostro SSN che dovrebbe essere usato come opportunità di rinascita una volta passato il picco di contagiati cosicchè il Paese possa ripartire soprattutto nel campo turistico-ricettivo, culturale ed enogastronomico.

Riferimenti: vari articoli del Corriere della Sera

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