Sherbeth Festival Internazionale del Gelato Artigianale 2018 è giunto alla X edizione con ben 50 gelatieri ma non solo italiani anche provenienti da Paesi lontani, Sud America ed Asia in particolare.
Non dimenticare che Palermo quest’anno è anche capitale della cultura italiana e, la storia, racconta, che fu proprio un siciliano, viceversa, a portare il sorbetto nel resto d’Europa stabilendosi a Parigi.
Anche in questa edizione non ho potuto partecipare, attivamente, per il veto di qualcuno, ma non farò nomi e neanche cognomi.
A Palermo c’è stata la mia “velina”, persona molto competente e “abbastanza” indipendente.
La sua mission? Assaggiare tutti i gelati della manifestazione, impegno gravoso e dispendioso visto che quest’anno il ticket è aumentato passando da 5,00 a 10,00 EURO!
Sarà per questo che la velina ha notato meno visitatori degli altri anni, complice il meteo dei primi due giorni?
Tuttavia, sabato sera è stato annunciato uno sconto del 50% sulla Sherbeth Card acquistabile quindi a 5,00 EURO già con 50 crediti!
Ad ogni postazione un palmare per tracciare i consumi di ogni gusto.
Ad oggi, il gusto vincitore della giuria popolare non è stato ancora assegnato.
So bene che nocciola e pistacchio rischiano di vincere sempre ma chissà, leggi però il giudizio della velina nella gallery che decreta il vincitore
– “gelato alla ricotta di bufala, grappa capovilla prunus aurum invecchiata 15 anni e pepe penja” della gelateria L’albero dei Gelati a Cogliate, Monza, Seregno e New York)
seguito da:
– “sorbetto di achachairu” della gelateria Ottimo a Santa Cruz della Sierra (Bolivia);
– “gelato di massa di cacao” della gelateria Sikè Gelato a Milazzo (Messina).
Prendi nota del secondo perchè le solite “rinomate” riviste lo hanno cannato scrivendo “crema spalmabile alla nocciola” o dulce de leche, che è tutt’altro.
Sono le stesse riviste che fanno le classifiche senza visitare le gelaterie o peggio di loro, quelli che scrivono delle gelaterie amiche? Mah!
A Palermo, si è scelta una giuria ristretta come lo scorso anno ma senza vecchi arteriosclerotici. La novità? Il rappresentate dei gelatieri in gara, democraticamente eletto.
Certo che questa spasmodica ricerca di indipendenza della giuria comporta sempre un notevole affanno ma si sa, ne rimarrà uno solo, contento. Il vincitore!
Ecco, tocca parlare del vincitore.
Il vero vincitore di quest’anno però, è stato il racconto, lo storytelling come si dice oggi.
Il gelato raccontato, emozionale, trasmesso a livello empatico piuttosto che il gusto a livello sensoriale tra percezione tattile, visiva e retro olfattiva. Descrittori o attributi di valutazione? Anche no anzi, anche, però vuoi mettere il racconto?
Il gusto, la struttura ma con tanta narrazione per cui se non sei sveglio, capace e preparato per te è finita. Timido, teso, “abbabbiato” dalla champagneria delle sere precedenti? Passa la mano.
Importante è appassionare i giudici, così che il tempo a tua disposizione si allarghi a dismisura mentre parli di quella volta che nei campi fioriti hai raccolto il polline di fiore in fiore come un ape e ci hai fatto un vero fior-dilatte…
Nonostante tutto però tra i 46 gusti ha vinto uno normale, fin troppo forse. A scapito di robe fantascientifiche, opportunamente menzionate dalla giuria 😉
Base si, base no. Carrube, guar, tara sono il passato. Rassegnati caro gelatiere celopurista.
Non parliamo poi della struttura. Cari gelatieri strutturalisti per voi è finita, addio!
Molti si chiedono del futuro della gelateria. Sarà il gelato raccontato?
Entri in gelateria e, tra uno schermo dove appare il maestro gelatiere in giacca laccata coi vari loghi (medaglie appuntate in petto, trofei in bacheca lungo i muri, ecc.) all’opera ed un addetto a tagliar la frutta ed uno a fare i coni, ti accomodi al banco ed arriva l’esopo di turno che ti racconta del pistacchio che il maestro in persona va raccogliere ad agosto tra le sciare di Bronte, lo sguscia sapientemente, lo tosta mentre ascolta musica classica, ecc.: ohhhhhh, entusiasmo ed ammirazione trasmettono i tuoi occhi…
Paghi e vai via, soddisfatto, senza neanche consumare il gelato, appagato da cotanto ardire artigianale, contento di non aver contribuito ad affogare il pianeta tra coppette e palette in materiali non eco-sostenibili.