Ho partecipato alla Conferenza Internazionale sul gelato Artigianale di Rimini lo scorso mercoledì organizzata accuratamente da Franco Cesare Puglisi della casa editrice Editrade ed ecco, un breve resoconto dei numerosi interventi con qualche considerazione personale, qua e là.
Puglisi era già dallo scorso anno che meditava questo incontro ma, poi, non se ne fece nulla.
Questa volta, complici vari “interventi televisivi” nei mesi caldi, c’è stata un vera e propria mobilitazione generale per riunirsi, finalmente, per parlare di comunicazione del prodotto-gelato artigianale.
Non sono presenti associazioni di consumatori o giornalisti non di settore per quanto, in questi periodi autunnali faccia poco notizia il gelato.
Un’anticipazione si era avuta comunque, già a Milano, durante il workshop AIIPA (Gruppo Prodotti per Gelato) del 17 ottobre in cui c’era stato un invito alla coesione dell’intera filiera da parte del presidente di ACOMAG seguito, dal presidente uscente AIIPA che aveva anche sollecitato una comunicazione corretta del prodotto-gelato da parte del gelatiere: l’unico a diretto contatto col consumatore finale!
Premetto che ho avuto non poche remore ad editare questo articolo viste le ultime polemiche tra gelatieri innescate, tendenzialmente, per la propugnata “differenza” in confronto ad altri che rispetto (seppur stufo perchè sono anni che gira questa “inutile” farsa interna alla categoria), poichè alle volte è necessaria anche una voce critica.
Implosioni avvenute, ovviamente, nei gruppi social tra individui-gelatieri che hanno addirittura promosso azioni cross-groups!
Al Palacongressi di Rimini il palco era ben presidiato ma, secondo me, mancava qualcosa o qualcuno. E’ preferibile precisare va… visto che ultimamente un gelatiere siciliano mi ha dato del “rosicone” e qualcuno conoscendo la mia modestia potrebbe travisare: non so io ma, nel prosieguo chiarirò.
L’apertura dei lavori è stata caratterizzata con una linea vagamente accusatoria che molti dei presenti, secondo me, non hanno ben compreso non essendo gelatieri dove invece, il dibattito tra puristi, e non, è acceso da sempre. Io lo definisco, il celodurismo del gelatiere.
Mi è sembrata, quasi l’invettiva contro Pink (ctz. The Trial) ma almeno lui c’era.
Ebbene si, mancava quel qualcuno che aveva innescato questa escalation, che prima aveva insistito per esserci e poi, si è ritirato facendo mancare la voce antagonista.
L’intervento di Puglisi si è aperto puntualizzando come i media possano strumentalizzare l’informazione, “curvandola” (ctz.), rendendola notiziabile per l’audience. E’ il fenomeno, meglio conosciuto sul web, che sfocia nel cosiddetto clickbait.
I punti salienti:
– il gelato è quello fresco di giornata
– no alla differenza tra gelatiere e gelataio
Le aziende della filiera sono sempre più proiettate verso la qualità in cui le aziende di semilavorati svolgono un ruolo importante e senza di queste non ci sarebbero neanche le fiere di settore.
E’ necessario difendere il prodotto-gelato, non l’artigiano: il gelato, non il gelatiere.
Viene anche trasmesso lo spot di un noto marchio di gelato industriale di proprietà della Unilever il cui racconto elogia l’imperfezione (tipica italiana?) ma il gelato artigianale, si puntualizzerà, è invece perfetto.
All’avventore andrebbe raccontato in modo chiaro, semplice, il prodotto-gelato senza guerra di religioni ecco perchè chiede infine, di deporre le armi e concentrarsi tutti sul “gelato artigianale”.
Il primo relatore è Angelo Grasso la cui famiglia aprì a Milano la prima gelateria nel lontano 1932 anche se poi, si è occupato successivamente di formazione; conosciuto nel settore praticamente da tutti.
Intervento intenso, incisivo, a tratti anche duro ma illuminante per tanti.
Pone una domanda importante: cosa si aspetta il consumatore quanto entra in gelateria?
Un calo della clientela, di acquirenti di gelato, per il singolo artigiano può rappresentare un problema sociale, può innescare una criticità rilevante per il sostentamento della propria famiglia invece, per le aziende dinamiche del settore non provocherebbe altro che uno spostamento dei propri interessi verso Paesi più redditizi, più interessanti a livello di mercato.
Infervorandosi critica aspramente i gelatieri, o presunti tali secondo me, che passano il tempo a denigrarsi online facendo del male a tutta la filiera ma, dico io, soprattutto alla categoria dei gelatieri quelli veri, però.
Si perchè in giro bazzicano molti venditori di sè stessi, individui che creano insicurezza ad arte per proporre sicurezza (in privato, aggiungo); l’accusa è mirata verso coloro che mirano a togliere fiducia al gelatiere cercando di emergere affossando gli altri.
La critica si abbatte anche sui “follower”, sui seguaci (si perchè dopo le sette di qualcuno, ho dovuto pure vedere vere e proprie “claque” ma anche dei troll veri e propri) nei gruppi facebook. Gruppi dove io sono presente sia in qualità di moderatore, sia perchè mi occupo tra l’altro proprio di Social Media Manager (lavorando sul web dal 1996).
L’obiettivo dovrebbe essere invece, quello di unirsi per la valorizzazione e la difesa del gelato artigianale, perchè il messaggio disgregante, disorganizzato confonde il pubblico, il consumatore, non promuovendo certo il consumo di gelato artigianale.
Il consumatore non sa cosa vuol dire “semilavorati” anzi, preciso io che la maggioranza acquista d’impulso senza manco la selezione della gelateria, fatta spesso per prossimità.
Conclude proponendo una sorta di marchio di riconoscibilità da apporre nel locale dove il gelato si produce laddove il gelato si rivende.
Di seguito, la giornalista Luciana Polliotti ha accennato alla sua esperienza decennale nel settore avendo pubblicati vari libri e, senza le sue ricerche, neppure si sarebbe avuta conoscenza della storia del gelato come la si legge oggi.
Esprime una sorta di paura per il settore che, senza unità, rischierebbe il collasso per cui riferisce come sia importante ricercare nella storia, una memoria e un’identità per essere più forti e consapevoli.
Ricorda la dura battaglia contro l’industria dell’ice cream del Comitato Nazionale Italiano per la Difesa e la Diffusione del Gelato Artigianale appoggiato anche da ACOMAG (Associazione Nazionale Costruttori Macchine ed Attrezzature per Gelato) e AIIPA (dall’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari); questo organizzava anche corsi gratuiti in tutta Italia in un’epoca dove le ricette erano tenute segretissime dai gelatieri.
Critiche alla rete, in quanto si può sfociare in rapporti disumani volti a promuovere se stessi piuttosto che il gelato artigianale.
Critica un modo di mettersi in mostra, tipo farsi maltrattare in Hell’s Kitchen ma lì è show (facendo un parallelismo, personalmente critico spesso la presenza del gelatiere testimonial inconsapevole dell’azienda che, a titolo gratuito, gli consente di mettersi in mostra). Per la Polliotti il successo è altro, conoscenza, condivisione. Anche redditività del business, aggiungerei.
Ma la frase che più mi ha colpito è stata “il gelato è arte”, su questa ci sarebbe voluta la standing ovation!
In un recente articolo ho anch’io usato il termine artista, calato su un gelatiere ma potrei fare anche altri nomi. Per me il senso di artista rappresenta l’unicità della sua opera, del suo gelato.
Il presidente di ArtGlace (Confédération des associations des artisans glaciers de la Communauté Européenne), l’organo di rappresentanza dei gelatieri artigianali europei ha illustrato come 250 “eroi” abbiano portato avanti, presso il Parlamento Europeo, la Giornata Nazionale del Gelato Artigianale (fissata al 24 marzo) nata nel 2013 dopo cinque anni di lunghi lavori. Per pura coincidenza è anche la data di nascita del presidente Buonocore.
Negli USA cade nella terza domenica di luglio, proclamata nel 1984.
Giancarlo Timballo, presidente della Coppa del Mondo della Gelateria, cita una parallelismo col vino, secondo me non centrato, esprimendo anche lui preoccupazione quando il gelatiere è solo un “interprete” del gelato che rappresenta una storia meravigliosa, patrimonio dell’umanità.
Afferma quindi che un gelato senza emulsionanti non può essere un gelato perfetto e su questo dissento, per me rimane un ingrediente non necessario.
Claudio Zani, titolare di una gelateria in provincia di Brescia, salito rapidamente alla ribalta della “cronaca rissosa” per un suo gruppo facebook in questi sei mesi e miracolato addirittura a salire sul palco, ha affrontato l’argomento non proprio a suo agio risultando abbastanza lungo e noioso. Temuto, pare, da “pink” anche se in questo caso è bianco come quello di Alice (ctz.).
Stefania Bastianelli, esperta di comunicazione di un’agenzia del gruppo WPP, ha esposto vari esempi di spot di grandi aziende multinazionali, indicando payoff ed illustrandone i visual.
Davide Pini, responsabile estero di PuntoIT, ha esposto una ricerca effettuata in giro per il mondo durante le fiere internazionali negli ultimi cinque anni.
Nel pomeriggio Puglisi ha presentato due proposte, la seconda consequenziale alla prima:
1. Carta di Rimini
2. Cento per Mille – Mille per Cento
Nella “Carta di Rimini” si propone di costituire un “Comitato Etico di Coordinamento della Comunicazione sul Gelato Artigianale” (CECC – Gelato Artigianale), con a capo un direttivo di 5 membri composto da tutte le Associazioni dei Gelatieri, AIIPA, ACOMAG, fiere di settore (SIGEP e MIG), le riviste specializzate ed altri eventuali soggetti, riuniti in forme associative, operanti nella filiera.
La proposta “100×1000-1000×100” è, in pratica, una raccolta fondi per finanziare l’operatività del CEEC: 100,00 Euro a gelatiere e 1.000 Euro ad azienda.
Sono seguiti poi vari interventi di addetti ai lavori, alcuni sconclusionati altri solo per mettersi in mostra (ma non si era detto di evitare?).
Voce fuori dal coro quella della De Santis (nutrizionista) avanzando «un distinguo tra chi fa il gelato davvero artigianalmente e chi fa un uso pesante di semilavorati», che però ha innescato un botta e risposta con alcuni relatori di cui poi non si è più compreso nè capo, nè coda. Almeno io, non ho capito la tesi promulgata.
Infine, ha preso la parola una mia lettrice che avevo dimenticato ma, lei so che mi perdonerà visto che rispondo in continuazione a decina di richieste settimanali.
Premetto che Samantha mi aveva chiesto nell’agosto 2016 alcuni consigli indicandomi varie “scuole” di aziende di semilavorati tutte da me bocciate ed infine, le consigliai una società più “efficace” da me ritenuta il TOP per professionalità e visione.
Ma cosa ha detto? Ecco uno stralcio.
Il marketing è quasi assente. Il cliente non conosce la differenza tra un prodotto speedy o una materia prima per lui, purtroppo, il gelato è tutto uguale. L’era dell’azienda prodotto-centrica è finita e la battaglia si è spostata sulla comunicazione e bisogna saperlo fare (sarà che a me viene in mente il fiordilatte di un gelateire storyteller, ora anche in TV?).
Un consumatore medio per capire cosa vendi ci mette 7 secondi, se non hai una proposta chiara, emozionale e caratterizzante (la tua famosa unique selling proposition o reason why) andrà da qualche altra parte, la seconda volta.
Questo è un settore in cui chi si mette in proprio a mio parere trascura il marketing evitando di formarsi o di affidarsi a professionisti seri e non improvvisati.
Se un cliente ci percepisce tutti uguali e va dalla catena industriale piuttosto che da noi, la colpa è solo nostra che non sappiamo comunicare al meglio i nostri valori (e dico valori non qualità di prodotto).
Parole sante, tutti concordi. Almeno, così è sembrato 😉
Ho ascoltato. Tutti.
Ho sentito parlare di passato, tanto.
Di presente, poco.
Di futuro?
Da qualche mese ho iniziato a scrivere più di marketing (oltre che “commentare” nei gruppi di gelatieri) perchè oramai, almeno in Italia, il mercato è ben maturo oltrechè saturo. D’altronde qualcuno ha pagato per farmi studiare marketing in una nota università privata 🙂
Le catene sanno usare bene il marketing, non tutte ma quelle “famose” hanno proposte ben studiate dove il prodotto-gelato viene dopo. Location e concept ne fanno macchine da guerra di vendita.
Manca spesso l’identità mentre abbonda l’ego, più che conoscenza c’è vanità. Questo è il gelatiere d’oggi.
Si è passati ai sacrifici dei gelatieri, citati dalla Polliotti, alla “mors tua vita mea” verso gli altri colleghi poichè forse, ci si sente accerchiati. Il perchè è presto detto, ci sono troppo gelaterie in Italia e la stragrande maggioranza è “costruita a tavolino” approfittando dell’inconsapevolezza del neo-gelatiere. Se ne aprono in continuazione, break even point e flussi di cassa positivi diventano in pochi mesi un miraggio: ma come i volumi medi di vendita si riducono ma leggo che nel mercato aumentano i consumi?
In pochi anni sono nate decine di scuole che in pochi giorni “insegnano” a fare il prodotto, gelatieri già improvvisati che “insegnano” pur di racimolare “due euri”, meglio se a nero, per far quadrare i conti della stagione. Alcuni piuttosto che cercare di aumentare le proprie vendite, fa corsi e, addirittura, apre gelaterie nella propria area competitiva.
Il consumatore non riesce a comprendere, a scegliere la gelateria, il gelato, perchè non si “vuole” distinguere nemmeno il gelato prodotto da quello rivenduto.
Per le aziende a monte non cambierebbe quasi nulla, l’offerta rimarrebbe solo più concentrata eliminando, si spera, i cialtroni.
E’ ora di passare all’attacco, il vero gelatiere va difeso da questa ondata di “gelatieri” estemporanei.
Il nemico comune c’è, non è più l’industria del ice-cream (in profonda crisi, in Italia) che voleva far fuori il gelatiere ed il gelato artigianale, oggi è molto più subdolo ma i gelatieri, uniti, potranno vincere anche questa loro prima battaglia del terzo millennio.
Iniziamo a distinguere le gelaterie degli operatori; del prodotto, di cui non si è mai voluto definire un disciplinare per i contrapposti interessi della filiera, parliamone dopo.
Il problema non è uniformare la comunicazione, ma distinguere nell’oceano rosso.
in pratica questo e il primo vero commento e riassunto della giornata,oltre alla bagarre sul blog famoso di concreto ancora non ho sentito niente.mi sembra che neanche zani abbia pubblicato un qualcosa.una Cosa e certa che sia i filialisti di gelato industriale e semi industriale che i produttori di semilavorati il Marketing lo conoscono bene
per niente non disdicono longarone e preferiscono il nord Europa !!!!