Gelato in the Square a Leicester (UK) organizzato con la gelateria Gelato Village in collaborazione con la Compagnia Gelatieri è il mio secondo evento “gestito dal basso” dopo la “Via del Gelato” di Torino in occasione del Salone del Gusto dello scorso anno.
Qualche “gelatiere curioso” ha già spoilerizzato per cui vi racconterò, brevemente, non tanto cosa sarà ma l’idea di fondo e le finalità.
L’ispirazione mi è venuta a seguito di un progetto partorito per un gruppo cinese che, poi, non si è concretizzato.
L’idea di promuovere il gelato artigianale italiano, senza se e senza ma, dal basso cioè da parte di un gruppo di selezionati gelatieri senza l’apporto di capitali diretti provenienti da sponsor: aziende di macchinari si, aziende di semilavorati composti (quelle dei “gelatai”) assolutamente no. Tuttavia, con queste premesse risulta difficile organizzare eventi complessi con budget ridotti.
La finalità è quella di promuovere il vero gelato artigianale buono, pulito e giusto all’estero ponendolo a confronto con l’icecream dell’industria.
Il gelato artigianale è preparato a partire da materie prime (latte, zuccheri, panna, uova, acqua, gusti caratterizzanti come frutta secca, caffè, frutta fresca, ecc.) che, opportunamente combinate e bilanciate, danno luogo ad una miscela la quale mediante l’azione rotatoria e la riduzione della temperatura cambia di stato (da liquido a solido) così da avere una certa consistenza (texture) grazie anche all’inglobamento di aria (detto overrun) del 20-40% circa e dall’alta percentuale di solidi con una temperatura di conservazione di circa -10°C.
I processi che avvengono nel corso di questa lavorazione sono di tipo fisico e chimico.
A livello sensoriale risulta essere fresco, senza asciugare la bocca con conseguente voglia di bere.
Si produce quotidianamente in piccole quantità.
L’icecream (gelato industriale), a prescindere dagli ingredienti meno nobili utilizzati, è costituito da tanta aria che può rappresentare anche più del 100% (volume costituito più da aria che dal prodotto vero e proprio) ma anche da più grassi, più zuccheri.
Dopo ore, la struttura non si scioglierà ma si “siederà”, difficilmente gocciolerà e la temperatura di conservazione sarà quella del congelatore, circa -18°C
A livello sensoriale sarà più caldo, cremoso, più dolce.
Anche il gelato soft, solitamente, rientra nella categoria di prodotto industriale, presenta molte differenze in quanto viene espulso direttamente dalla macchina sul cono o coppetta a temperatura meno fredda e con percentuale di aria superiore al 50%.
Al palato è più soffice, più ricco di grassi, meno dolce e dopo alcuni minuti si “sgonfia”.
Questa la tabella con le temperature di servizio:
• -18°C per l’icecream
• -10/-12°C per i sorbetti/gelati
• -5/-6°C per il gelato soft
• -5°C per le granite
Questo primo evento all’estero vede capofila la gelateria Gelato Village di Leicester di Daniele Taverna e Antonio De Vecchi con cui coordinerò gli interventi, in collaborazione con la Compagnia Gelatieri, durante i giorni dell’evento.
Laura Hadland di Thirst Media curerà la comunicazione in loco.
L’evento è patrocinato da Slow Food UK.
Quando sarà questo evento Jo??! ^_^
Hanno bisogno di volontari per fare il lavoro duro..? ????
grande Fabio,
questa volta ci andrò io 😉
Ahahaha bravo Jo!!! Avrai da pedalare allora! E’ un tour-de-force mica da ridere!!! ???? Fai un bel report delle giornate che sono curioso di sapere come lavorano lassù in gelateria… e di capire come viene percepito il gelato oggi (molto interessante il confronto tra icecream e artigianale, per palati più “grezzi” come quelli anglosassoni).
Buon Lavoro!! ^_^